Per avere le prime notizie sicure occorre attendere l'epoca Carolingia, quando, tra la fine del VIII ed i primi anni del IX secolo, l'imperatore Carlo Magno concesse in fondo al Vescovo di Milano l'intera valle del fiume Enna. Al periodo del Sacro Romano Impero è pertanto riconducibile l'inizio dei rapporti politico-economici che legarono per secoli la comunità di Vedeseta alla metropoli lombarda. Nei primi decenni del XII secolo la Valle Taleggio è popolata da comunità relativamente numerose ed amministrativamente organizzate; il governo locale è demandato ad un giusdicente, eletto dagli abitanti, il quali giudicava tutto, eccettuati i casi d'omicidio o di grave importanza. Da ciò si può desumere che la Comunità di Vedeseta godeva di una relativa larga autonomia, in seguito confermata dagli altri governi succeduti. Nel 1237 la Valle Taleggio (insieme con la Valle Averara), in seguito alla sconfitta dei Milanesi ad opera di Federico II, diventa Signoria e affidata a Pagano della Torre della Valsassina. In seguito alle contese civili che insanguinarono lo stato milanese per il possesso della Signoria, la Valle Taleggio si spacca in due, con Vedeseta che abbraccia la causa Ghibellina, mentre Taleggio si allea con il partito Guelfo. In questo periodo sul territorio vengono edificati torri e castelli di cui purtroppo non c'è rimasta testimonianza sul territorio. La faida tra le due popolazioni continuò a lungo, anche quando lo scontro ideologico e politico si era ormai svuotato d'ogni contenuto; ma se non era più questione di Papa o Imperatore, era pur sempre questione di pascoli, di confini e di malghe. E non era che in Valle Taleggio mancavano le leggi; tanto che il 17 dicembre 1368 viene steso il primo statuto della Valle Taleggio e d'Averara, composta di ben 112 capitoli che regolavano il quieto vivere delle popolazioni. Si giunge così con un relativa tranquillità al 1428, quando, a seguito dell'avvento della Repubblica di Venezia si riaccendono i vecchi rancori: i taleggini si schierano con i veneziani mentre i vedesetesi restano fedeli al biscione visconteo. Gli scontri durano sino al 1433 quando, con la pace di Ferrara, Taleggio e Averara vengono definitivamente assegnate a Venezia mentre Vedeseta e Valtorta vanno a Milano. In questo modo la Valle Taleggio diviene terra di confini, come testimoniato tutt'oggi da alcuni ''termini'' in pietra ancora visibili. Questa situazione dura per tre secoli e mezzo, sino alla caduta della Repubblica di Venezia, ma il fatto di essere luogo di un importante corridoio politico e strategico tra i due maggiori stati della Penisola recò innegabili vantaggi alle popolazioni, con un incremento del commercio e dei transiti delle merci, la manodopera può trovare lavoro nei centri urbani dei due stati, il porto di Venezia è gestito da maestranze bergamasche. Mentre Taleggio rimane ininterrottamente sotto il controllo veneto, Vedeseta segue le sorti dello Stato Milanese, passando sotto il dominio francese prima, spagnolo poi e dal 1706 passa sotto il controllo di Vienna. Nel 1797 poi, in seguito alla campagna Napoleonica in Italia, Vedeseta entra a far parte della Repubblica Cisalpina assieme a Taleggio, ritrovando così l'antica unità e successivamente con la Restaurazione passano entrambi sotto il controllo dell'Impero Austro Ungarico. Inizia così la decadenza politica ed economica della Valle, che passa da importante regione di confine ad oscura località sperduta e dimenticata. Nel 1859 infine, con la II Guerra d'Indipendenza, Vedeseta entra a far parte del Regno d'Italia e ritrova, grazie ai suoi cittadini, un nuovo assetto economico e sociale.